Non vorrei mai che questo blog diventasse un cimitero.
Non vorrei che i post siano quasi solo quelli di memoria ai grandi autori che scompaiono. Dovremmo parlarne da vivi, di sicuro. E lo facciamo sul giornale: su Scuola di Fumetto e blog annesso.
Pensavo che avrei ripreso dopo la piccola pausa di ferragosto (passata a lavorare ma non in sede) rilanciando ancora la raccolta fondi per l'Emilia con la vendita di originali. E poi con le notizie di inizio stagione.
Invece dopo Coco, dopo Joe Kubert, ieri è morto Sergio Toppi.
Non mi sono precipitata a parlarne qui perché stavo in chiusura rivista, le consegne non si sgarrano. Ora che SdF 84 è in mano allo stampatore mi fermo e penso a Sergio Toppi.
Inutile parlarne in modo critico qui, dove lo spazio non permette. Ma qualche punto lo vorrei toccare. Di alcuni anni più giovane di Hugo Pratt e di Dino Battaglia ha iniziato poco dopo di loro, ma è sempre associato ai loro nomi, creando un trio cui Crepax è stato il contrappunto. E guardiamlo questi 4 grandi, 4 stili completamente diversi che hanno rivoluzionato il modo di disegnare raccontare a fumetti.
Crepax spezzando, Battaglia lavorando da incisore, Pratt assimilando dall'America ma poi andando sempre più verso il zen e la sintesi, Toppi graffiando e raccogliendo in poche immagini un racconto.
La pagina è stata scomposta, la narrazione trattenuta ma non persa.
Quando insegno a leggere il fumetto guardo alle prime tavole intere di Yellow Kid analizzandone le direzioni e i movimenti di lettura.
Toppi lo fececon coscienza e voglia di liberarsi da quelle vignette che gli stavano strette nelle pagine di guerra del «Corriere di Piccoli», pur con le belle sceneggiature di Mino Milani.
Le vignette che Prat amva riempire con pochi segni, che Crepax moltiplicava distruggendo la classica pagina narrativa, cui Battaglia cambiava forma, toglieva contorni, costruiva con ombre. Quelle Toppi le eliminò. La sua voglia di racconto era diversa e non sempre fu capita. Confusa con l'illustrazione, difficile per il lettore.
Eppure proprio i grandi disegnatori del fumetto americano hanno amato Sergio Toppi, leggendo le storie nei segni e tratti di pennino schiacciato sulla carta. Ogni segno raccontava.
Racconta.
Pochi anni fa in Francia è stata la piccola Mosquito a riscoprirlo. È sempre la passione di qualcuno che porta avanti le cose e smuove gli altri, qui mi fa piacere ringraziare Michel Jans che ha tanto fatto con amore e intelligenza, così che Toppi ha ricevuto pubblicazioni e onori Oltralpe.
Ringrazio anche BilBOlbul per la mostra enorme e bellissima, che gli hanno dedicato un paio di anni fa a Bologna.
Continuerò più tardi questo post... o rimanderò su Scuola di Fumetto il blog.
L'ho conosciuto, so che era gentile, rispettosissimo del lavoro degli altri, discreto. Vidi dei suoi disegni fatti alle montagne, in vacanza, una meraviglia da stringere il cuore, o aprirlo. Ho visto i suoi soldatini di samurai, dettagliati e perfetti, ma anche vivi, l'ho (un poco) conosciuto, so che lavorare era la sua passione.
Entrato in ospedale per l'ultima volta pensava solo a un controllo (lo credevano tutti) e aveva fretta di uscire e cominciare un nuovo lavoro di disegno.
Un paio di anni fa, ammalato, sotto terapia, si fermava fino all'ultimo a fare disegni e dediche con appassionata concentrazione.
L'aprile dell'anno scorso sembrava aver superato tutto e a Tricromia, alla sua mostra, sedette per due ore disegnando incessantemente. Queste foto raccontano la sua seria passione per il disegno e per i mondi che inventava.
Bellisimo testo, Laura...lui era proprio unico a tutti livelli: narrazione, compisizione, colori, linea, rendering, figure, paesaggi, luce. E stato dei quei geni che apariscono una vota ogni tanto.
RispondiEliminail suo segno preciso, ricco, e vivo ha reso i suoi disegni dei capolavori.
RispondiEliminagrandissimo artista, grandissima perdita.