Angoulême, giornata finale... in attesa alle 16 dei premi e del Grand Prix, atteso nonostante le polemiche:
Lo si gioca tra 3 grandi nomi: Alan Moore (sceneggiatore e creatore di “Watchmen”, “V for Vendetta”...), il padre di “Calvin et Hobbes”, Bill Watterson e il grande mangaka Katsuhiro Otomo (“Akira” solo per dire un'opera).
Un inglese, un americano e un giapponese, cosa rara, visto che i nomi del
Grand prix du Festival d’Angoulême
(il vincitore ogni volta è presidente dell'edizione successiva) è stato raramente dato ad autori non della scuola franco-belga, solo 5 volte, a 3 americani: Will Eisner (1975),
Robert Crumb (1999) e Art Spiegelman (2011), un italiano: Hugo
Pratt (1988) et l’argentino José Muñoz (2007).
Quale straniero vincerà?
Voi che dite?
Aggiornamento! Watterson!
Nell'attesa un'annotazione di ieri sera, sempre da Andrea Musso... per l'occasione inviato speciale :)
«L'interesse per il fumetto non è in dubbio quando si cammina per questa città.
Entrare nei padiglioni mostra subito allo spettatore una certezza, non
potrai mai vedere tutto, non sfoglierai mai nemmeno lontanamente tutte
queste pagine in quattro giorni, ma nemmeno vedrai tutte le copertine.
Per questo, per la sopravvivenza dello spettatore, ci si affida
all'istinto che segue una sensazione, un dettaglio minuscolo che può
fermare un attimo questo movimento brulicante per trasportare il
lettore in un altra dimensione. Un colpo di fulmine che si ha per il
fumetto giusto, non una scelta ma proprio un flash.
Qui scatta il dramma, perché se fra gli stand del "nuovo mondo" con le
produzioni più piccole avvicinare l'autore per un autografo con dedica è
un'operazione fattibile e amichevole, farlo negli stand enormi dei
grandi editori diventa una fatica immane. File di teste che i più alti
vedono dall'alto, fortuna loro, e che metterebbero alla prova la
passione di chiunque. L'amore per un autore e una storia deve superare
una sorta di prova mitologica, la sconfitta del caldo e del male ai
piedi dopo una giornata a camminare da una parte all'altra della città.
Per non parlare degli altri eventi, concerti, tavole rotonde, mostre e
appuntamenti off che la voce in filodiffusione ci ricorda continuamente
anche per le strade. La sensazione di perdersi tutto quello che succede
e, contemporaneamente, di aver ampiamente superato il limite di quel che
era possibile seguire per un maratoneta.
Quando fa buio la borsa pesa il doppio rispetto alla mattina, il
prezioso bottino profuma di colla e inchiostro fresco e alla fine un
artista ci ha fatto un regalo indimenticabile. Non tanto il capolavoro
dipinto nella prima pagina di un libro ma il ricordo di quando l'ha
realizzato li, sul momento per noi.
Non resta che ritrovarsi con gli amici per bere una birra e riposarsi un
attimo prima di cena, i locali son pieni e l'atmosfera è quella di una
gioia appagata. Sedersi fra un'amica che vive qui, un'altra che vuole
entrare in questo mondo e realizza i primi disegni e un amico autore
garantisce il giusto mix di entusiasmo, voglia di raccontare e mostrare
le foto "trofeo". Capita poi che l'autore con cui si è posato sia li
accanto, seduto a bere una birra in compagnia, riconosca un collega e si
attacchino i tavoli, saltino fuori progetti, complimenti, conoscenze in
comune e qualche piccolo regalo in originale. Questa volta senza fare
nessuna coda, senza nulla a dividere appassionati e autori. Forse questo
è il motivo che rende questo festival meraviglioso, questo alla fine il
sapore più bello e profondo.
E il bello deve ancora cominciare, amici dell'undergroud fanno una festa
e forse c'è un aperitivo alla casa dell'autore. Le gambe si sono
riposate, andiamo».